mercoledì 5 agosto 2015

NON ESATTAMENTE LA PARABOLA DEL BUON PASTORE


La storia può anche strappare un sorriso innocente, ma leggendo questa curiosa sentenza emessa poco più di un anno fa, ci si rende subito conto che da ridere c'è ben poco. L'argomento è di certo tra quelli che maggiormente stimolano la curiosità di tutti, ma quando c'è di mezzo l'art 609-bis del codice penale, il semplice interesse dovrebbe lasciare spazio a una seria analisi degli eventi e soprattutto ad una triste ma necessaria constatazione dell'estrema quanto odiosa diffusione di tali episodi. Per chi non avesse ancora inteso di cosa tratteremo, sto parlando di uno dei peggiori illeciti penali puniti dal codice Rocco: la violenza sessuale. Giusto per rendere l'idea dell'estensione del fenomeno, basti pensare che secondo un rapporto Eures-Ansa, in Italia, ogni 12 secondi una donna è vittima di violenza. Avete capito bene, anche nel nostro paese accade questo. Molti di questi casi peraltro, avvengono tra le mura domestiche e i carnefici non sono balordi di strada o maniaci sessuali, bensì mariti e compagni…

NON TUTTI I LAVORI SONO PULITI e questo è pacifico, soprattutto per una donna che, come nel nostro caso ha sposato un uomo che di lavoro svolge l'antica quanto ormai rara mansione di pastore. Gli inconvenienti e la durezza dell'attività in questione sono quantomeno palesi, se non fosse che da uno di questi elementi è scaturito l'episodio violento. Diciamocelo pure, la bucolica immagine di una giornata trascorsa camminando sotto il cocente sole di Sicilia, pascolando un gregge di pecore, si dovrebbe concludere necessariamente con una bella doccia rigenerante. Questo almeno il pensiero della nostra protagonista, la quale comprensibilmente, pretendeva che il suo consorte mantenesse una decorosa igiene personale. Di tutt'altro avviso invece il pastore, che al suo rincasare pretendeva di giacere senza indugio con la sua consorte.

IL RIFUTO DELLA DONNA ad avere rapporti sessuali con suo marito, sarebbe quindi scaturito dal suo forte odore dovuto al tipo di lavoro da lui svolto, ponendo come condizione sine qua non che egli curasse la sua igiene personale prima di avere rapporti sessuali. Dal canto suo, il consorte era sembrato essere ben poco interessato alla legittima richiesta della moglie, lasciandole di fatto insoddisfatte. Ciò che qui rileva è che l'uomo obbligò la moglie a compiere atti sessuali contro la sua volontà attuando quindi una forma di coercizione fisica decisamente violenta, bloccandole le mani affinché non riuscisse a sottrarsi alle sue pulsioni. I giudici della suprema corte, hanno così  confermato la condanna dell'uomo in quanto il reato di violenza sessuale, sussiste “in tutti i casi in cui i rapporti sessuali vengano in qualsiasi modo imposti, essendo del tutto irrilevanti le modalità e i mezzi utilizzati e le motivazioni che avessero indotto la parte offesa a rifiutare non un semplice rapporto sessuale con il marito, ma il rapporto da questi preteso e poi imposto senza che avesse praticato l’igiene personale che la donna riteneva indispensabile“.

IL CONSENSO E' SEMPRE NECESSARIO per quanto possa sembrare logico e comprensibile che la libertà di autodeterminazione sessuale sia un diritto sacrosanto è stato necessario che la cassazione penale ribadisse in una recentissima sentenza (Cassazione Penale Sezione III, del giorno del 23 Gennaio 2015, n. 3231) quanto già stabilito alcuni anni fa, cioè che anche nel caso in cui si trattasse di rapporti sessuali tra coniugi, quindi consumati con una certa frequenza e continuità, questo non “degrada la persona di un coniuge ad oggetto di possesso di un altro coniuge” (Cassazione Penale Sezione III, del 12 Luglio 2007, n. 3602). Altra doverosa precisazione è quella secondo cui il diniego al rapporto sessuale, non deve essere necessariamente palesato nel caso in cui essa abbia rinunciato per rassegnazione a opporsi al rapporto sessuale, anche quando la vittima si fosse trovata in una condizione di soggezione nei confronti del reo, non avendo avuto successo i rifiuti precedenti. Integrano infatti il reato di violenza sessuale “non solo la violenza che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio costringimento fisico ma anche tutti quegli atti idonei a superare la volontà contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica in un contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della vittima” (Cassazione Penale Sezione III, del 28 Novembre 06 n. 40443), così come qualsiasi atto idoneo a superare la volontà contraria della persona offesa. (Cassazione Penale Sezione III, del 1 Gennaio 10. n. 6643). In altre parole, il consenso non può essere considerato liberamente prestato ed essendo ritenuto viziato, finisce per integrare la fattispecie di illecito prevista dall'art. 609-bis c.p.


PER CONCLUDERE possiamo dire che i maltrattamenti in famiglia e la violenza sessuale sono spesso illeciti che vengono commessi contemporaneamente in situazioni familiari degradate e violente come quelle di cui abbiamo trattato. Accade, infatti, spesso che il coniuge vittima di violenza sessuale sia anche oggetto di percosse e di vessazioni di vario genere da parte del familiare. Ebbene, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che il reato previsto dall’art. 572 c.p. non sia assorbito da quello previsto dal 609-bis del medesimo codice, partendo dalla considerazione che vengono tutelati beni giuridici differenti. Per quanto concerne i maltrattamenti, lo scopo della norma è quello di tutelare l'integrità fisica e il patrimonio morale del soggetto passivo, mentre nell'altro caso, la norma si pone di preservare la libertà sessuale dell'individuo (Cassazione Penale Sezione VI, del 25 Giugno 2008 n. 35910; Cassazione Penale  Sezione VI, del 12 Febbraio 2010, n. 12423). L'unica ipotesi in cui i due reati finiscono col coincidere esclusivamente nella violenza sessuale (quindi tecnicamente con l'assorbimento del reato di maltrattamenti nella violenza sessuale) è quello in cui “vi sia piena coincidenza delle condotte, nel senso che gli atti lesivi siano finalizzati esclusivamente alla realizzazione della violenza sessuale e siano strumentali alla stessa” (Cassazione Penale Sezione III, del 20 Ottobre  2008 n. 45459).

Dottor Michael Frasca - Studio Comite