giovedì 27 agosto 2015

LEVATO-BOETTCHER: ADOZIONE O AFFIDO? OPINIONE PUBBLICA DIVISA, MA LE SCELTE DI GIUDICI E DIFENSORI SONO LEGITTIME


Il caso Levato-Boettcher ha scatenato l’ennesima querelle. Molti di noi, infatti, si sono schierati, o per lo meno si sono chiesti che posizione assumere di fronte alla notizia riguardante l’avvio del procedimento innanzi al Tribunale per i Minorenni per la dichiarazione dello stato di adottabilità del piccolo Achille, il bimbo nato dalla coppia killer. Vicenda decisamente triste, non solo per le vittime sfigurate dalle azioni scellerate dei due giovani criminali ma anche per il neonato che, pur non avendo colpe, ha già subito il grave pregiudizio di non aver potuto godere delle coccole e dell’affetto della mamma biologica durante i suoi primi giorni di vita. Insomma, per farla breve, c’è chi ritiene che le autorità debbano definitivamente, e in tempi brevi, dichiarare adottabile il piccolino e dare così avvio alla scelta di una coppia di genitori adottivi che si occupino del suo equilibrato sviluppo psico-fisico e chi, invece, sostiene che strappare un bimbo alle cure dei propri genitori naturali sia anch’esso un gesto criminale e profondamente ingiusto. Adozione o famiglia d’origine? Personalmente ritengo che assumere una posizione così netta, da una parte o dall’altra, sia fuorviante. Per comprendere appieno il senso di tale affermazione credo sia opportuno rivedere i criteri cardine, giurisprudenziali e legislativi, su cui poggiano, da un lato, le scelte dei giudici del Tribunale specializzato e, dall’altro, quelle dei difensori delle parti interessate. Vediamoli insieme … 

IL CASO IN BREVE Martina Levato e Alexander Boettcher sono i due giovani, ormai tristemente noti come "coppia dell'acido" e accusati di aver compiuto ben tre aggressioni con l’acido per le quali hanno già subito una condanna a quattordici anni di reclusione in relazione a quella del 28 dicembre 2014 in cui fu sfigurato Pietro Barbini, ex fidanzato della studentessa bocconiana ai tempi del liceo. Per le altre aggressioni i processi sono ancora in corso. Martina è attualmente reclusa nel carcere meneghino e nella notte tra il 14 ed il 15 agosto appena trascorsi ha messo alla luce un bimbo, riconosciuto dalla medesima e chiamato Achille, concepito appunto con Alexander, anch’esso recluso nel medesimo istituto detentivo. Su istanza del Pubblico Ministero Annamaria Fiorillo, che ritiene i due accusati inidonei ad assumere il ruolo genitoriale, il Tribunale per i Minorenni del capoluogo lombardo ha dato avvio alla procedura destinata a decidere sullo stato di adottabilità o meno del piccolo. I giudici hanno pertanto stabilito, in via temporanea e urgente, dopo una lunga discussione in camera di consiglio in cui sono state esaminate le perizie psichiatriche effettuate su Martina e Alexander in occasione del processo penale già recitato, che il bimbo fosse affidato al Comune di Milano e collocato in una struttura di accoglienza per minori. Contestualmente hanno incaricato i servizi sociali, territorialmente competenti, di organizzare incontri protetti tra piccolo e genitori nonché nonni materni e nonna paterna. Gli incontri, peraltro, sono già iniziati presso lo stesso reparto maternità dell’Ospedale Mangiagalli dove la Levato ha partorito. Il Tribunale ha inoltre demandato agli specialisti il compito di effettuare un’indagine psico-diagnostica sul nucleo familiare e relazionare sugli esiti di tale lavoro entro il 30 settembre.

LA PROCEDURA SI AVVIA SU RICHIESTA DEL PUBBLICO MINISTERO L’allontanamento di Achille dalla madre, subito dopo il parto, era già stato disposto, in attesa della presa in carico della questione da parte dei giudici minorili, dal P.M. Fiorillo la quale ha sostenuto, nel proprio provvedimento, che Alexander e Martina fossero totalmente e irreversibilmente inadeguati a svolgere funzioni genitoriali non avendo gli stessi mai esternato pena o dolore per ciò che avevano compiuto. Il P.M. nella propria domanda finalizzata ad ottenere la dichiarazione di adottabilità di Achille, depositata presso il Tribunale per i Minorenni di Milano secondo quanto previsto dalla legge (art. 9 Legge n. 184 del 1983 così come modificata dalla Legge n. 149 del 2001), ha poi sottolineato che per tali evidenze il bambino dovrebbe essere subito collocato presso una coppia con requisiti di idoneità per l’adozione. Il procedimento in questione coinvolge, peraltro, secondo quanto stabilito dalla normativa sull’adozione (art. 8 riformato della Legge n. 184 del 1983) i parenti sino al quarto grado i quali, se ritenuti idonei, potrebbero assumere funzioni vicariali rispetto a quelle genitoriali.

LE PERIZIE SULL’IDONEITÀ A SVOLGERE IL RUOLO GENITORIALE Sino a questo momento i giudici minorili, nello stabilire il temporaneo affidamento del minore al Comune di Milano, hanno fondato il loro convincimento sulle perizie psichiatriche, effettuate all’interno di uno dei procedimenti penali a carico dei due giovani, finalizzate ad indagare la personalità degli stessi. Dalle indagini specialistiche effettuate dagli esperti è risultato che il carattere di Alexander sia connotato da una spiccata componente sadica, mentre Martina sarebbe una donna con una scarsa capacità di affidarsi che ha mostrato sempre formale distacco e scarsa empatia; il suo atteggiamento è risultato inoltre sfidante e connotato da disprezzo. Non è mai riuscita a mostrare il benché minimo “sentire” con la vittima e ciò anche successivamente nei rapporti con i suoi genitori, dei quali non è parsa comprendere il dolore a loro provocato dalla vicenda. Il Tribunale specializzato ha quindi precisato nel proprio provvedimento provvisorio, che la Levato pur consapevole del proprio stato di gravidanza abbia ordito e compiuto azioni gravissime, anche con l’uso di sostanze pericolose, potenzialmente dannose per se stessa e per il bimbo che portava in grembo; la “vicenda criminosa” evidenzia, dunque, da parte di Martina Levato, “un’assenza di pensiero e di sentimento rispetto alla vita”, aggiungendo che il “progetto procreativo” di Levato e Boettcher si sia sviluppato “insieme al progetto criminoso”. 

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE Per tale motivo, i giudici hanno sottolineato che “Il progetto procreativo e genitoriale non pare espressione dell’amore di due genitori che vedono nel bambino la realizzazione della propria unione nella prospettiva di adempiere alla realizzazione di un bene, ma anzi sembra essersi sviluppato insieme al progetto criminoso, che prende forma all’interno di una complessa relazione di coppia, caratterizzata da aspetti fortemente problematici e anche patologici inerenti la sfera affettiva e sessuale. Il bambino - si legge nel documento - è stato così completamente messo in secondo piano rispetto al loro progetto criminoso, sganciato dalla centralità che un figlio dovrebbe avere nel pensiero dei genitori”. Hanno, dunque, concluso ritenendo che “entrambi i genitori del minore non siano in grado, per quanto emerso finora dagli atti, di potersi occupare adeguatamente del figlio, per tutte le ragioni esposte ed anche considerato lo stato detentivo di entrambi, che al momento si prospetta in tempi più lunghi rispetto alle prime fasi di sviluppo dell’infanzia del bambino”. 

COME SI ARRIVA ALLA DICHIARAZIONE DI ADOTTABILITÀ? Occorre subito precisare che la procedura innanzi al Tribunale minorile è appena stata avviata e che l’adottabilità del piccolo Achille non potrà essere dichiarata se non all’esito di un percorso in cui i giudici dovranno vagliare con attenzione quale sia la soluzione più confacente all’interesse del minore, in tempi possibilmente brevi per non arrecare allo stesso ulteriore pregiudizio rispetto a quello che ha già subito. Ecco spiegato il motivo per cui i servizi sociali sono stati investiti del compito di relazionare sul loro lavoro di osservazione entro un tempo così breve. Certo l’avv. Laura Cossar, legale dei nonni materni, che hanno chiesto di potersi prendere cura di Achille insieme alla nonna paterna, ha evidenziato che un solo mese non sarà sufficiente per tale valutazione e questo in aderenza agli stessi dettami della Legge che stabilisce a chiare lettere che l’adozione a famiglie terze è solo l’estrema ratio (art. 1 Legge 184/1983), mentre occorre, per quanto possibile, salvaguardare l’interesse dei bimbi a mantenere legami affettivi con la propria famiglia d’origine. L’art. 8 della Legge n. 184/1983, come modificato dalla Legge n. 149/2001, al primo comma stabilisce, infatti, che “sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”.

L’INTERESSE DEL MINORE Senza entrare nel merito delle posizioni assunte da tutte le parti coinvolte, come sottolineavo qualche riga sopra, ritengo che allo stato schierarsi a favore di una o l’altra delle soluzioni sia fuorviante poiché il lavoro dei giudici minorili è ora incentrato a fare in modo che l’interesse del piccolo Achille ad una crescita psico-fisica equilibrata venga in ogni modo salvaguardato. Il Tribunale, con un collegio composto da quattro giudici, potrà dunque assumere decisioni differenti a seconda di ciò che ritiene essere più aderente all’interesse del bimbo. Potrà così per esempio limitarsi a impartire delle prescrizioni ai genitori e ai nonni di Achille, per imporre l’attuazione di interventi più rispettosi delle esigenze del bambino, monitorandone l’adempimento, oppure disporre l’affidamento familiare in vista di un recupero dei genitori del minore, sia pur supportato da un temporaneo intervento esterno o, ancora, emettere immediatamente la sentenza con cui dichiara lo stato di adottabilità qualora giunga al convincimento che il rapporto con genitori e nonni sia irrimediabilmente compromesso, per le ragioni più diverse, ed il minore versi in situazione di privazione di assistenza materiale e morale che si ripercuote sul suo sviluppo psico-fisico e sociale. 

LA FAMIGLIA D’ORIGINE Come ribadito da una recentissima decisione dei giudici della Suprema Corte occorre, a mio avviso, comunque ricordare a tutti coloro che si sentano di esprimere un giudizio sulla vicenda, che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità è praticabile, secondo i criteri contenuti nella Legge sull’adozione, solo come soluzione estrema ovvero quando ogni altro rimedio appaia inadeguato all’esigenza dell’acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l’esigenza del minore stesso. La verifica sull’inadeguatezza di genitori e nonni va compiuta con lo stesso rigore con cui si verifica lo stato di abbandono del minore. E ciò tanto più quando alcuni tra i parenti entro il quarto grado manifesti la disponibilità a supplire alla carente idoneità genitoriale fornendo un contesto familiare adeguato alla cura, all’educazione e alla crescita del minore che valga a consentire di non rescindere il legame con la famiglia di origine e di sperimentare, nel tempo, anche un recupero delle capacità genitoriali (Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 19 agosto 2015, n. 16897). Ciò detto, e con riguardo al piccolo Achille, solo se i nonni risulteranno incapaci di garantire un armonioso sviluppo psico-fisico al bimbo o verranno reputati inappropriati rispetto ai bisogni di protezione dello stesso con riguardo all’inadeguatezza genitoriale, si potrà dare seguito alla dichiarazione di adottabilità (Cassazione civile, Sezione I, Sentenza del 16 Luglio 2014 n. 16280). 

IN CONCLUSIONE Credo che in storie, delicate e dolorose come quella cui stiamo assistendo, cedere a conclusioni affrettate dettate, magari anche giustamente, dallo sgomento per l’efferatezza dei delitti commessi sia inopportuno. Non bisogna, infatti, perdere di vista l’interesse primario che occorre tutelare, ovvero quello di un soggetto indifeso che merita di non subire, o farsi carico, di colpe che non gli appartengono. Mi auspico, dunque, che i magistrati investiti della vicenda, così come tutti gli altri soggetti interessati, siano in grado di cogliere tale primario obiettivo senza cedere alla tentazione di assumere posizioni da un lato dettate dal pregiudizio e dall’altro semplicemente dalla necessità di strumentalizzare l’affidamento del piccolo. 


Avvocato Patrizia Comite – Studio Legale Comite