mercoledì 24 giugno 2015

AFFITTO: COSA SUCCEDE AI CONVIVENTI SE L’INQUILINO MUORE?


Quando si parla di locazione di immobili è facile sentir parlare di disdetta, di recesso anticipato, di cessata locazione, di proroghe. Tutti concetti noti e piuttosto discussi, ma cosa succede se l’inquilino muore e l’unità immobiliare locata è abitata anche da altre persone? Il contratto e, quindi, tutte le condizioni in esso contenute, si trasmettono automaticamente a questi soggetti oppure è necessario trovare un nuovo accordo con il proprietario di casa? E ancora, è possibile per gli eredi conviventi dell’inquilino dare disdetta perché non più interessati a permanere nell’appartamento? E se, invece, gli eredi non convivevano stabilmente con il locatario ma si prendevano soltanto cura di quest’ultimo standogli vicino saltuariamente, subentrano ugualmente nel contratto? In ultimo, cosa succede se l’inquilino, prima che morisse, aveva già deciso di recedere dal contratto comunicando al proprietario la disdetta anticipata? In tale ultimo caso, gli eredi conviventi devono ugualmente inviare un’altra disdetta, nel caso vogliano lasciare la casa, oppure vale quella già mandata dal conduttore? Le questioni che si pongono sono dunque diverse e credo sia opportuno affrontarle una ad una per chiarire, giuridicamente parlando, come ci si debba comportare per essere rispettosi della legge e, soprattutto, non incorrere in contenziosi. A questo punto non mi resta che cominciare a trattarle… 

IL SUBENTRO NEL CONTRATTO È POSSIBILE… L’art. 6 della Legge n. 392 del 1978 (Equo Canone - Disciplina delle locazioni di immobili urbani) stabilisce che in caso di morte del conduttore, a quest’ultimo gli succedano nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi. Tra l’altro nell’ipotesi di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, subentra nel contratto di affitto il coniuge al quale il giudice abbia attribuito il diritto di abitare nella casa familiare. In caso di separazione consensuale o di nullità del matrimonio, succede l’altro coniuge se questo era l’accordo intercorso tra gli stessi. Dall’esame delle norme si evince, dunque, a chiare lettere che c’è una categoria di persone che possono subentrare automaticamente nel contratto di locazione mantenendo le stesse condizioni che valevano per l’inquilino deceduto. Il proprietario non può quindi approfittare del decesso del conduttore per imporre un contratto più oneroso a coloro che la legge indica quali successori in tale contratto. Non risulta peraltro necessario procedere ad alcuna comunicazione nei riguardi del proprietario, mentre è necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate la variazione di soggetto e quindi il subentro a causa del decesso del precedente conduttore senza versare alcuna imposta, indispensabile invece nel caso di cessione del contratto.

…ANCHE PER IL CONVIVENTE MORE UXORIO Dopo l’intervento della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della parte di norma che non preveda tra i possibili successori, in caso di morte del conduttore, anche il convivente more uxorio, è possibile che anche quest’ultimo subentri nel contratto di locazione. Con tale espressione ci si riferisce a quelle persone che vivono sotto lo stesso tetto come se fossero marito e moglie senza, tuttavia, essere convolate a nozze. La Corte ha dunque eliminato tale ingiustificata disparità di trattamento ampliando ulteriormente la cerchia di soggetti che eventualmente possono succedere all’inquilino con riguardo appunto al contratto di affitto. Perché ciò sia possibile, non occorre che la convivenza preesistesse al contratto, vale a dire che fosse antecedente alla firma dell’accordo, e non è neppure necessario che il proprietario fosse a conoscenza della convivenza; l’unica circostanza rilevante è la situazione di convivenza al momento della morte del conduttore (Corte Costituzionale, Sentenza del 7 aprile 1988, n. 404).

MA OCCORRE ACCERTARE UNA CONVIVENZA STABILE E ABITUALE Ciò che rileva, affinché si possa parlare di convivenza, è quindi la situazione accertata in concreto di stabile ed abituale coabitazione al momento della morte. Non rileva a nulla, tra l’altro, il fatto che coloro che abbiano diritto alla successione nel contratto abbiano continuato o meno ad abitare nell’unità immobiliare locata dopo il decesso. Allo stesso modo non si può parlare di convivenza stabile ed abituale se chi pretende di succedere nel contratto si fosse trasferito nell’abitazione del conduttore solo per assisterlo e quindi solo per ragioni transitorie, come accade nel caso di un figlio che solo dopo la morte del locatario trasferisca la propria residenza presso la casa abitata, in virtù del contratto di locazione, dal genitore defunto. Da ciò deriva che il certificato anagrafico non è di per sé sufficiente, in caso di contestazione, a dimostrare che vi fosse la stabile ed abituale convivenza richiesta dalla legge; al più avrà un valore meramente presuntivo della comune residenza. 

ALTRIMENTI IL CONTRATTO SI ESTINGUE Nell’ipotesi in cui nessuno dei soggetti elencati nell’art. 6 della Legge 392/1978 convivesse abitualmente e stabilmente con il conduttore, allora il contratto si estinguerà a causa della morte di una delle parti contrattuali. In altre parole, non può restare in piedi un accordo se viene a mancare uno dei soggetti che giustifica il contratto. Se, dunque, il locatario deceduto viveva da solo nell’appartamento, il contratto di locazione verrà meno al momento della sua morte. Gli eredi (non conviventi) si limiteranno, in tal caso, a riconsegnare le chiavi dell’immobile, senza che sia necessario un preavviso, ed a corrispondere i canoni dovuti sino al momento del rilascio dello stesso. Qualora, peraltro, gli eredi non conviventi avessero interesse a mantenere l’immobile locato potranno concordare con il proprietario la cessione del contratto, per la quale è necessario versare l’imposta di registro. 

I CONVIVENTI NON INTERESSATI A PROSEGUIRE NEL CONTRATTO DEVONO MANDARE LA DISDETTA Ciò che la legge dispone in ordine alla successione nel contratto di locazione è, tuttavia, solo una facoltà a disposizione degli aventi diritto i quali possono ben decidere di non proseguire nel contratto poiché insostenibile economicamente o per qualsiasi altra ragione personale ed insindacabile. L’art. 1627 del codice civile (denominato “Morte dell’affittuario”), infatti, attribuisce ai soggetti elencati nell’art. 6 della Legge 392/1978 la facoltà per questi ultimi di recedere dal contratto, entro tre mesi dal decesso, mediante una lettera di disdetta comunicata all’altra parte con un preavviso di almeno sei mesi. Ciò significa, dunque, che la disdetta può essere inviata entro tre mesi dalla morte e impone comunque il pagamento del canone per almeno sei mesi. 

E SE LA DISDETTA ERA GIÀ STATA INVIATA DALL’INQUILINO DEFUNTO? Gli aventi diritto alla successione del contratto subentrano in tutto e per tutto nelle posizioni giuridiche del conduttore defunto. Qualora questi non abbiano interesse a proseguire la locazione e, combinazione, il locatario avesse già inviato, prima di morire, una comunicazione di recesso anticipato con il preavviso previsto nel contratto (sei, dodici o diciotto mesi), ritengo plausibile che gli stessi godano della situazione giuridica derivata dalla precedente disdetta e, pertanto, dovranno semplicemente versare i canoni sino alla scadenza del preavviso. Tale soluzione apparirà preferibile laddove la disdetta del de cuius (cioè del defunto) sia stata inviata da quest’ultimo già da diverso tempo. Sarà invece più conveniente l’invio di un’ulteriore disdetta da parte degli aventi diritto laddove il periodo di preavviso (azionato dal conduttore deceduto a causa della propria disdetta) non sia ancora trascorso e comporti un’attesa superiore ai sei mesi stabiliti dall’art. 1627 del codice civile.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite