giovedì 16 aprile 2015

BED & BREAKFAST IN CONDOMINIO, UNA QUESTIONE COMPLICATA


In tempi di crisi è difficile trovare un lavoro stabile che dia garanzie per il futuro e sempre più spesso, per sbarcare il lunario, ci si trova a dover aguzzare l’ingegno per trovare soluzioni talvolta coraggiose ma che possono rivelarsi vincenti. Questo è il caso di chi ha scelto di aprire un’attività di Bed & Breakfast (altrimenti conosciuto come B&B). Il Bed & Breakfast si caratterizza per essere un’attività di carattere saltuario, svolta a conduzione familiare da parte di soggetti privati che utilizzano parte della propria casa per offrire un servizio di alloggio – pernottamento e prima colazione. Secondo il rapporto pubblicato dall’Istat, nel 2014 il numero dei B&B in Italia è arrivato a 25.000 unità. L’incremento dei Bed and Breakfast nel panorama dell’offerta ricettiva italiana è stato del 5,8% rispetto al 2012. I B&B danno lavoro a circa 40.000 persone per un fatturato di circa 128 milioni di euro. Valori questi, che, secondo le ultime tendenze, sembrano essere destinati ad una costante crescita. Ma è legittimo esercitare questo tipo di attività senza il consenso dell’assemblea di condominio?

QUESTO CONDOMINIO NON E’ UN ALBERGO! Non capita di rado, tuttavia, che l’ appartamento che si intende trasformare in B&B si trovi all’interno di un complesso condominiale, cosa che continua a creare non pochi problemi sia a causa delle continue lamentele degli altri condomini che, spesso, non vedono di buon occhio il continuo via vai di persone all’interno dello stabile, sia, soprattutto, perché il regolamento condominiale talvolta vieta la variazione di destinazione d’uso dell’appartamento rispetto a quella di civile abitazione. Vediamo brevemente allora cosa bisogna tenere presente prima di prendere la decisione di aprire un B&B all’interno di un condominio evitando di trovarsi poi coinvolti in fastidiosi contenziosi giudiziari. 

COSA DICEVA LA LEGGE? A seguito della Legge n. 217 del 17 maggio 1983, “Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica”, alcune Regioni hanno aggiornato le proprie normative turistiche inserendo specifici riferimenti all’attività di Bed and Breakfast stabilendo che l’esercizio di tale attività non comporta il cambiamento di destinazione dell’uso dell’immobile ai fini urbanistici. In particolare la Regione Lombardia ha emanato la Legge Regionale 16 luglio 2007 n. 15 inserita nel Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo. Questa legge, a prima vista, parrebbe risultare importante per favorire coloro che intendono iniziare un’attività di B&B in condominio soprattutto dopo l’intervento della sentenza n. 369 del 14 novembre 2008 della Corte Costituzionale. Per essere precisi il comma 4 dell’art 45 della Legge Regionale sopra citata, nel delineare la natura ed i limiti dell’attività di impresa di Bed & Breakfast, definiva la stessa come l’attività che viene “…esercitata in case unifamiliari o, previa approvazione dell’assemblea dei condomini, in unità condominiali e comunque l’esercizio dell’attività non determina il cambio della destinazione d’uso dell’immobile.” Si vede bene come, prima dell’intervento della Corte Costituzionale, questa norma subordinasse l’apertura di un B&B in un condominio ad un’espressa autorizzazione della compagine assembleare e ciò costituiva, nei fatti, un serio ostacolo all’attività stessa perché in molti casi gli altri condomini non gradivano affatto che all’interno dello stabile venisse esercitata un’attività assimilabile all’affittacamere con tutti i disagi (veri o presunti) che da questa potessero derivarne alla collettività dei proprietari. 

IL TAR RITIENE CHE LA LEGGE SIA CONTRARIA AI PRINCIPI COSTITUZIONALI A seguito del ricorso di una condomina che voleva aprire un B&B nel proprio appartamento sito in un condominio ma che non aveva ricevuto l’autorizzazione comunale, in quanto priva della delibera di approvazione dell’assemblea, il Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma sopra citata. A giudizio del TAR Lombardia, infatti, subordinando il rilascio dell’autorizzazione amministrativa per lo svolgimento di attività (non comportante, secondo la legge, una sostanziale modifica della destinazione d’uso dell’immobile) ad un preventivo atto di assenso dell’assemblea condominiale, la norma impugnata avrebbe illegittimamente modificato la disciplina contenuta nel codice civile, disciplina, quest’ultima da ritenersi di rango superiore in quanto derivante da fonte statale. Sempre secondo l’opinione del TAR le norme relative alla regolamentazione dei rapporti interprivati tra singoli condomini, costituendo materia riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, non avrebbero quindi potuto essere efficacemente derogate o integrate da una normativa regionale.

IL TAR LOMBARDIA CI HA VISTO GIUSTO Infatti con sentenza di accoglimento n. 369 del 14 novembre 2008 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma censurata con la seguente motivazione: “nelle materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente, la regolamentazione statale, in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera l) Cost., pone un limite diretto ad evitare che la norma regionale incida su un principio di ordinamento civile. (…) L’esigenza di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che, nell’ambito dell’ordinamento civile, disciplinano i rapporti giuridici fra privati, deve ritenersi un’esplicazione del principio costituzionale di eguaglianza (…). La specifica norma censurata incide direttamente sul rapporto civilistico tra condomini e condominio. Essa infatti, pur inserita in un contesto di norme dettate a presidio di finalità turistiche, è destinata a regolamentare l’interesse, tipicamente privatistico, del decoro e della quiete del condominio. (…) La disposizione censurata disciplina la materia condominiale in modo difforme e più severo rispetto a quanto disposto dal codice civile e, in particolare, degli artt. 1135 e 1138. Tali norme sanciscono che l’assemblea dei condomini non ha altri poteri rispetto a quelli fissati tassativamente dal codice e non può portare limitazioni alla sfera di proprietà dei singoli condomini, a meno che le predette limitazioni non siano specificatamente accettate o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio”.

L’INTERPRETAZIONE PERÒ È DIVENTATA TROPPO AMPIA… Immediatamente dopo la sua pubblicazione, questa pronuncia fu oggetto, tuttavia, di frettolose interpretazioni che attribuirono alla sentenza un rilievo troppo ampio rispetto alla sua reale portata, desumibile dalla lettura della motivazione. Gli studiosi del diritto, ad esempio, giunsero inesattamente a ritenere che la Corte Costituzionale avesse utilizzato quale parametro di valutazione il principio costituzionale di libertà di iniziativa economica che non potrebbe essere frustrata da atti di diniego o divieti condominiali; ci si spinse così ad affermare che l’esercizio di attività commerciale di Bed and Breakfast, in un immobile sito entro un edificio condominiale, sarebbe pienamente legittimo anche qualora gli altri condomini fossero contrari. Tale interpretazione tuttavia è fuorviante e non coglie il vero senso della questione.

QUAL È IL VERO SENSO DELLA SENTENZA? Nella pronuncia in esame la Corte Costituzionale non ha inteso stabilire alcuna gerarchia tra l’interesse all’esercizio dell’attività di impresa (nella specie, esercizio di attività di bed and breakfast) e le legittime limitazioni al godimento delle proprietà immobiliari esclusive contenute in molti regolamenti condominiali. Se, in forza della sentenza sopra citata, la legge regionale non può imporre deroghe alle norme civilistiche (subordinando il rilascio di un’autorizzazione amministrativa ad un fatto che la legge rimette all’esercizio dell’autonomia contrattuale privata), qualora i regolamenti condominiali prevedano specifiche limitazioni all’uso ed al godimento delle unità immobiliari esclusive (nei limiti che si illustreranno tra breve), i condòmini saranno tenuti ad osservarne il contenuto. Le norme di natura contrattuale hanno infatti forza di legge tra le parti (articolo 1372 codice civile). 

CI SONO SEMPRE DEI VINCOLI L’esercizio dell’attività di bed and breakfast all’interno di un immobile collocato in contesto condominiale sarà quindi vincolato non solo all’ottenimento delle prescritte autorizzazioni amministrative, ma altresì, ove esistenti, al rispetto delle norme eventualmente contenute nei regolamenti condominiali: la verifica della legittimità di un’attività commerciale, sotto il profilo amministrativo, è cosa ben diversa dal rispetto delle prescrizioni regolamentari che tutti i condòmini sono tenuti a rispettare.

B&B: COSA NE PENSA LA CASSAZIONE In modo conforme a tale orientamento si è espressa anche la Suprema Corte con una nota e recente sentenza a mezzo della quale i giudici hanno affermato che non è illegittimo adibire l’abitazione privata condominiale ad attività commerciale di “affitta camere”, purché non si rechi un effettivo pregiudizio in danno dei vicini di casa. Le disposizioni contenute nel regolamento condominiale che si risolvano nella compressione delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà dei singoli partecipanti, devono essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, devono risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso. La Corte afferma che è sì facoltà dei regolamenti condominiali, adottati in via di accordo tra i condomini, prevedere limitazioni alle destinazioni d’uso degli appartamenti, ma che tali limitazioni devono essere espresse, non potendo desumersi, in via interpretativa, alcuna limitazione aggiuntiva. Inoltre, le attività di bed and breakfast e di affittacamere non comportano un utilizzo diverso degli immobili da quelle che sono le “civili abitazioni” e non possono determinare danni per gli altri condomini (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 20 novembre 2014, n. 24707). Proprio in considerazione di ciò, per la loro costituzione, non c’è neppure bisogno dell’approvazione dell’assemblea condominiale. In conclusione, chi volesse trasformare la propria abitazione in un bed and breakfast è libero di farlo, anche se la stessa fa parte di un condominio, non essendo necessaria nessuna variazione di destinazione d’uso. Tale attività, però, non deve arrecare alcun pregiudizio ai vicini di casa e non deve essere espressamente vietata dal regolamento condominiale.

ATTENZIONE PERÒ AL REGOLAMENTO Solamente i regolamenti di origine contrattuale, ossia quelli approvati e sottoscritti da tutti i condomini, possono quindi contenere delle clausole limitatrici dei diritti d’uso delle parti di proprietà comune o esclusiva. In tal senso è stato detto in giurisprudenza che “in materia di condominio negli edifici, l’autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell’interesse di tutto il condominio o di una sua parte, e che vietano, in particolare, a tutti o ad alcuni dei condomini di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero li obbligano a preservarne le originarie destinazioni per l’utilità generale dell’intero edificio, o di una sua parte” (così Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 19 ottobre 1998 n. 10335). Quanto alle modalità di limitazione delle facoltà d’uso delle parti di proprietà esclusiva, stante la particolare incisività di questo genere di norme è stato evidenziato che tali “limiti” possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell’elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare e, in questo secondo caso, naturalmente è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare. 


LA CASSAZIONE, QUINDI, CONFERMA IL DIVIETO SE … Sul punto vale la pena di citare una precedente pronuncia del 2010 della stessa Suprema Corte. Motivo del contendere sempre la liceità dell’attività di Bed and Breakfast condotta da uno dei condomini. Illegittima secondo il condominio, sulla base d’un preciso divieto contenuto nel regolamento contrattuale, legittima secondo l’interessato in quanto a suo dire non espressamente vietata. In effetti a leggere il testo della sentenza si capisce subito che il regolamento non menzionasse esplicitamente il così detto B&B quanto piuttosto l’attività alberghiera di affittacamere e di pensione. Secondo la Suprema Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla conformità alla legge della sentenza d’appello che aveva accolto il ricorso del condominio, ha dunque evidenziato che: “la Corte di merito, correttamente attenendosi alla ratio della disposizione dell’art. 9 del regolamento, quale risultante dal suo tenore letterale, ha evidenziato, con argomentazioni assolutamente logiche ed aderenti alla natura dell’impegno assunto dai condomini, che l’attività di bed and breakfast rientra tra quelle vietate, essendo in tutto riconducibile all’attività di affittacamere, espressamente non consentita dal testo regolamentare (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 23 dicembre 2010 n. 26087). 

Dottor Massimo Botti - Studio Comite